REM KOOLHAAS E L’ARCHITETTURA DEL CONTESTO, OPERAZIONI DI LAYERING PER NUOVE VISIONI. LA BIBLIOTECA JUSSIEU.

Negli anni ’80, che vanno in realtà dal 1978 al 1989, anno della caduta del muro di Berlino, la cultura architettonica diventa consapevole di una nuova verità, il rapporto con il contesto. Già negli anni ’70 Robert Venturi e Peter Blake avevano iniziato a parlare di contesto come critica alla componente a-contestuale degli anni del funzionalismo.
Ciò che è rilevante è la consapevolezza del consumo di suolo, l’architettura non deve più espandersi e occupare senza riserve territorio, ma si deve attivare una progettazione che tenga conto delle risorse limitate del pianeta con intelligenza.
Si da alla parola contesto una doppia interpretazione: la prima legata al luogo, quindi alla morfologia del territorio e al sito di progetto, la seconda è legata a tutti quei rapporti sociali, economici e politici che si consumano nella città.
I due modi di intendere il contesto si incontrano fra loro nelle ricerche di questi anni interpretando il contesto come un immagine fatta di intrecci e tessiture.
Nel 1978 Rem Koolhaas pubblica “Delirious New York” saggio in cui studia la città di New York, le sue componenti e come si possa operare su di esse. La grande mela è una città che si è sviluppata secondo l’esigenza di trovare spazi vitali per prendere forma non potendosi espandere territorialmente. Inizia a sperimentare quella che sarà la sua maniera di operare, che si oppone o meglio completa quella delle avanguardie, la cui potenza era quella di destabilizzare le certezze culturali creando anche soluzioni estetiche radicali. Koolhaas affianca a questa operazione di decostruzione un operazione di ricostruzione, ristabilendo una collaborazione fra avanguardia e cultura di massa. Lo fa attraverso il layering, metodo sul quale si basano altri architetti proprio in quegli anni, come ad esempio Hadid e Tschumi.
I tre approcciano a questa metodologia in maniera differente. Hadid lo fa attraverso l’intreccio e l’affioramento, come se i suoi progetti si rifacciano alle spennelate di colore dei suoi quadri.

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The Peak, Honk Kong, 1983

Tschumi lo fa attraverso una sovrapposizione meccanica di layer su piano orizzontale.

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Parc de la Villette, Parigi, 1982/87

Rem Koolhaas opera sovrapponendo layer orizzontali ma che proiettati su uno schermo verticale creano una visione dinamica e composita delle sezioni che da una nuova naturalità al contesto.

L’idea fondamentale di operare per layer è quella di dimostrare che anche non riferendosi a schemi compositivi tradizionali si possono ottenere architetture complesse. L’operazione di fatto è quella di individuale le componenti architettoniche e ricomporle successivamente secondo una configurazione personale. Rem Koolhaas nel processo di ricomposizione opera per somme e addizione.
Queste caratteristiche dell’architetto le ritroviamo in molti progetti che vanno dalla scala territoriale a quella architettonica, volontà dichiarata nel libro S,M,L,XL in cui esprime la necessità di ricorrere agli stessi principi progettuali in tutte le scale, grandi o piccole che siano.  Si possono citare il Parc de la Villette di Parigi o anche Euralille o l’opera da me presa in considerazione la Biblioteca di Jussieu a Parigi del 1992, non costruita ma solo progettata.

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Parc de la Vilette, Parigi, 1982 Layers and sections.

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Euralile, Lille, 1994

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Jussieu library, Parigi, 1992

Secondo gli stessi principi prima elencati egli estrapola l’elemento principale dell’architettura ossia i solai e inizia un operazione ricompositiva di layering all’interno di una griglia o gabbia, a seconda se si ragiona in 2D o 3D, regolare.La seconda operazione è quella manipolatrice, gli elementi sono modificati in maniera da creare una unica traiettoria ascendente che contribuisce a creare movimento e dinamicità secondo la traiettoria verticale. L’architetto stesso descrivendo l’opera parla di una pila di piattaforme.

Nello specifico dell’opera le operazioni che applica su questi elementi sono cinque: CUTTING, STRETCHING,BENDING,INFLECTING, HOLING.
Sommando gli elementi cosi modificati si viene a creare una struttura molto complessa rispetto alla regolarità della griglie di partenza . Altre operazioni completano l’opera e sono quelle di ADDING o CLOSING applicate alle precedenti per creare degli ambienti più chiusi e riservati, dei volumi interni di fatto, o per creare dei collegamenti la dove i solai non si vanno a toccare.

Avendo il lotto scelto da me, ossia l’area 40 una superficie su cui lavorare ridotta rispetto al programma edilizio e un lato completamente occupato da Villa Glori, con cui il progetto dovrà per forza di cose relazionarsi, ho scelto questo approccio progettuale perchè mi permetterà di svilupparmi in altezza creando un palinsesto che si anteponga a quello del parco creando un nuovo dinamismo rappresentativo della città. Questo concetto è legato anche al mio imprinting architettonico in cui la città è vista come una serie di sistemi sovrapposti e interscambiabili a livello informativo fra loro. Paesaggio e opera architettonica non si toccheranno tra loro ma dialogheranno formalmente, mentre la città entrerà all’interno del progetto con i suoi spazi (piazze, promenade negozi e bar) e le sue relazioni sociali.

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Schizzi interpretativi e di progetto 

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Plastico della scacchiera, riproduzione della Biblioteca di Jussieu

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Nuova configurazione della scacchiera

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Unione dei due sistemi per la creazione di infinite composizioni

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